Eutanasia per i bambini?

Eutanasia per i bambini?

Dell’eutanasia per i minori si è parlato poco e male. In Italia le questioni “eticamente sensibili” godono di considerazione carsica, tra impennate e inabissamenti. In ogni caso il Belgio ha definitivamente approvato, la settimana scorsa, una legge che prevede l’eutanasia dei minori senza limiti di età, secondo paese europeo dopo l’Olanda a promulgare un provvedimento simile, con la differenza che nei Paesi Bassi bisogna avere almeno dodici anni.

La questione è delicatissima, e va oltre il dibattito sulle libertà individuali e l’autodeterminazione dell’individuo. Un bambino può avere coscienza della propria condizione e prendere la decisione drammatica e definitiva par excellence? Per alcuni pediatri, e anche secondo i rappresentanti della Chiesa cattolica, dell’ebraismo e dell’Islam belga, certamente no. E questa misura è giudicata come una gravissima lesione del diritto alla vita.

D’altra parte, e in punta di logica, non si capisce per quale motivo l’eutanasia, che serve a evitare sofferenze inutili, dovrebbe essere negata solo ai bambini, cioè proprio a coloro la cui sofferenza ci pare del tutto inaccettabile.

Secondo i legislatori belgi, comunque, un minore può essere dotato di questa capacità (ammesso che chiunque lo possa essere!) e, in presenza di sofferenze fisiche “insopportabili” e di una malattia incurabile, può scegliere di morire.

C’è però un altro aspetto che merita interesse: perché la scelta sia valida occorre il consenso di entrambi i genitori, di almeno uno psicologo che abbia in cura il minore, del team medico. Si definisce il nesso terapeutico inscindibile tra medico, paziente e parenti, che è decisivo nell’ora della malattia (come ben sa chiunque abbia frequentato un ospedale) ma che da noi viene ignorato nelle scelte politiche su questi temi.

Va infine sottolineato un dato: a queste condizioni – le stesse previste in Olanda – si prevedono pochissimi casi effettivi di eutanasia per minori. Nell’ordine delle poche decine ogni anno. Il che, evidentemente, non significa che il tema sia meno rilevante (“chi salva una vita, salva il mondo intero” recita la tradizione ebraica); è però utile tener presente questo elemento per evitare che in Italia – dove il dibattito arriva in ritardo – ci si divida per slogan e partiti presi (già si leggono accuse di “nazismo”), senza ragionare concretamente delle persone, della loro sofferenza e delle scelte dolorose che eventualmente andranno prese.

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