Tre ragioni per sostenere la sfida di Renzi sull’edilizia scolastica

Tre ragioni per sostenere la sfida di Renzi sull’edilizia scolastica

Questa mattina Matteo Renzi ha annunciato l’intenzione di investire due miliardi di euro sull’edilizia scolastica. È proprio il caso di dirlo: finalmente! Dopo gli anni della destra, quando le riforme scolastiche mascheravano tagli dolorosissimi, si torna a investire sul futuro. E certo, qualcuno ricorderà il Tony Blair di “education, education, education” e potrà dire di che si tratta di tardi epigoni italici, ma la verità è che vi sono almeno tre ragioni fondamentali per salutare con entusiasmo la sfida di Renzi:

1) Quando si parla di edilizia (e sicurezza) scolastica si parla della vita dei bambini e delle bambine. In molte strutture i nostri figli corrono dei pericoli per il solo fatto di andare a scuola, nel senso che gli possono crollare in testa pezzi di tetto fatiscenti o pericolanti. Si tratta di un rischio inaccettabile sul piano morale, ma anche terribile dal punto di vista dell’immagine: che cosa penserebbero di noi all’estero se vedessero che non siamo stati capaci di garantire neanche l’incolumità dei bambini?

2) La scuola è l’unico luogo dove si costruisce davvero la società. La scuola, soprattutto quella dell’obbligo, rimane fondamentalmente interclassista e inclusiva. Certo, un ginnasio del centro può essere più chic di un istituto professionale di periferia, ma le graduatorie degli insegnanti sono uniche e legate all’anzianità, e soprattutto i test sulle competenze ci consegnano un quadro a “macchia di leopardo”, con studenti bravissimi al centro come in periferia, al Nord come al Sud. La scuola è il luogo dell’integrazione degli immigrati, e a scuola si definiscono le date cardine del “calendario civile”, con cui si crea la coscienza nazionale che troppo spesso ci manca.

3) Investire sulla scuola è sacrosanto anche per via del periodo buio che attraversa l’accademia italiana. L’università sembra aver perso la bussola, e le varie riforme di questi anni paiono aver soltanto peggiorato le cose. Non si fanno le nozze coi fichi secchi: ogni innovazione ha bisogno di investimenti, altrimenti si tratta di una presa in giro, come hanno ampiamente dimostrato i capolavori gelminiani. Il concorso nazionale, le mediane, il blocco del turn-over hanno messo in ginocchio – talvolta anche in buona fede – l’università italiana, dove abbondano peraltro talenti ed eccellenze. Su questo fronte penso che un progetto vada immaginato da zero, e il Ministro Stefania Giannini, ex-rettora, può certamente fregiarsi di avere davanti a sé una delle sfide più complesse del nuovo governo.

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