Appunti di viaggio di un povero italiano in Brasile per i Mondiali

Appunti di viaggio di un povero italiano in Brasile per i Mondiali

Che ci fa un italiano (io) in Brasile? Fa il tifo per l’Italia. Ma se le cose vanno come sapete, può finire che si metta a scrivere. Ecco dunque i miei appunti di viaggio sulla trasferta mundial.

Dal 2011 sono stato abbastanza spesso in Brasile.Tra lavoro e vacanza, ho visitato Rio de Janeiro, San Paolo, le vecchie colonie portoghesi Ouro Preto e Tiradentes, Brasilia, Salvador de Bahia, Manaus e la foresta amazzonica (una parte, diciamo!), svariate località sull’oceano. Pensavo di conoscerlo un po’, il paese, e ne sono ovviamente innamorato. Giocano i Mondiali in Brasile e non ci vai? Sì, i giornali scrivono di polemiche, manifestazioni e proteste, ma vuoi mettere? In più, l’esplosione di tante contraddizioni può essere un aspetto altrettanto interessante da vedere e documentare.

18 giugno 2014, ore 22, ho spiccato il volo, direzione Natal e Recife. Obiettivi: forza Azzurri, impegnati contro Costa Rica e Uruguay, e scoprire una porzione del Brasile, il Nord-Est, a me ignota. Stendiamo innanzitutto un velo pietoso sugli aspetti calcistici… Ma immaginate per un attimo che cosa è la Coppa in Brasile: tutti, ma proprio tutti, che guardano la (le) partite; ogni macchina con la sua bandierina e il suo specchietto cariochizzato; maglietta della seleçao per un passante su due; banche chiuse alle 11 del mattina quando gioca il Brasile; uffici “a mezzo servizio” quando iniziano le partite alle 13 per fare un piacere ai telespettatori europei. Insomma, Sua Maestà il calcio.

Eccomi a Recife, città con oltre tre milioni di abitanti, capitale del Pernambuco, uno stato tradizionalmente povero. In Brasile funziona al contrario: i poveri stanno a Nord e i ricchi a Sud, anzi sono proprio i settentrionali (origini tedesche) a stare nel Meridione. Recife è una distesa disordinata di grattacieli sul mare (pare ne siano in progettazione altri trecento!), mèta di transito per molti turisti, con un piccolo centro antico parzialmente recuperato e assediato dalla cementificazione. La spiaggia di “Boa Viagem”, la più bella, è abbastanza deserta perché non si può fare il bagno. Causa? Gli squali, con tanto di cartello. E io che pensavo di attendere la partita a mollo! Pare che quando non ci sono i Mondiali sia anche pericolosa, ma io ci ho passeggiato tranquillamente.

Vicino a Recife c’è Olinda, deliziosa cittadina coloniale portoghese, vecchia capitale dello Stato, che si staglia in collina su una marea di favelas più o meno ufficiali.

Dopo i fasti del Costa Rica eccomi a Natal, piccola cittadina di ottocento mila abitanti del tutto priva di storia, capitale del Rio Grande do Norte. Meno caotica e degradata di Recife, è la porta per la stupenda Fernando de Noronha e varie località marittime della costa settentrionale. Siamo quasi all’Equatore, il clima è costantemente ventilato e intorno ai trenta gradi. Una meraviglia. Evidentemente non sufficiente a rigenerare i nostri campioni. Le attrazioni principali sono il Morro, una specie di montagna di sabbia a picco sulla spiaggia di Ponta Negra (una volta si poteva scendere “di sedere”, ma poi hanno capito che stava sparendo la montagna!), e il deserto di dune a Nord della città. Ci si va col buggy, una piccola jeep leggera, ed è una gita mozzafiato. Si corre in macchina sul bagnasciuga e poi sulle dune di fronte al mare come sulle montagne russe. Pare che in cinque giorni si possa giungere spiaggia-spiaggia fino a Fortaleza, quasi mille chilometri di distanza. Non è proprio irreprensibile sul piano ecologico, ma deve essere un’esperienza fantastica. Comunque io me ne torno indietro e vado allo stadio per l’Uruguay. Avrò fatto bene?

Incontro degli imprenditori italiani che hanno appena completato una speculazione immobiliare durata dieci anni. Sono abbastanza esausti, alla fine ce l’hanno fatta ma hanno dovuto – così affermano – oliare moltissimo. “Se avessimo comprato, tenuto e rivenduto il terreno, avremmo guadagnato molto di più in tempo, soldi e salute“.

Faccio le valige mogio mogio e anche alcune considerazioni sulla Coppa e su questo meraviglioso paese. È finita la retorica dei BRICS, abbiamo scoperto che i grandi paesi in via di sviluppo hanno grandissime contraddizioni. Nel caso del Brasile, sviluppo significa spesso cemento senza regole, megalopoli orribili e prevaricazione dei potenti. Lula ha avuto il merito di tirar fuori dalla miseria milioni di persone, lavorando con di “cacciavite” (qui ha portato bene): via la lamiera dalle favelas che crescono in muratura, ecco la corrente elettrica, le fogne e l’acqua corrente.

La nuova classe media reclama più servizi, e ha ragione, perché non ci sono. Di qui le proteste contro la Coppa: il rischio che gli stadi si rivelino cattedrali nel deserto di autobus, strade e ospedali esiste ed è concretissimo. Per non parlare della corruzione dilagante. A proposito, gli stadi non sono finiti. Quando arrivo allo stadio di Natal per il morso di Suarez, noto ruspe in funzione, svincoli autostradali incompleti che si librano a mezz’aria, teloni di plastica e materiale edile. La tribuna su cui mi siedo è prefabbricata con tubi Innocenti. Insomma, il Brasile visto da Natal non era proprio pronto per ospitare questa manifestazione, peraltro un grande successo sportivo. La domanda è: aveva ragione chi era contrario alla Coppa?

Credo di no. Lo sviluppo è un percorso tortuoso, spesso tumultuoso, pieno di contraddizioni ed errori. Probabilmente non ci sono sistemi per evitare effetti collaterali! Ma i grandi eventi servono a misurarsi e a sfidare i propri limiti, superandone alcuni. Un paese di sterminati spazi e possibilità come il Brasile ha il dovere di provarci, e – anche se a Rio è sicuramente più facile! – le Olimpiadi del 2016 dimostreranno quanto i progressi, alle latitudini dove il futuro deve ancora arrivare, possano essere veloci.

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