Dal razzismo di Salvini a Beppe Grillo, e ritorno

Dal razzismo di Salvini a Beppe Grillo, e ritorno

Dal razzismo di Matteo Salvini a quello di Beppe Grillo e ritorno, tutto in due giorni. Che sta succedendo attorno all’immigrazione? Partiamo di sabato 18 ottobre. Molti slogan razzisti e schifosi, in quella piazza. Proprio schifosi (‘Immigrazione = Ebola’, ‘Chi non salta clandestino è’). La categoria del razzismo è necessaria e sufficiente per indignarsi (dovrebbe esserlo), non per comprendere. Potremmo aggiungervi quella di ‘torvo-buonismo’: cacciamoli a pedate altrimenti saranno vittime del (nostro) razzismo.

Nel maggio del 2011 a Milano cominciò ad appannarsi la stella di Silvio Berlusconi. Giuliano Pisapia divenne sindaco dopo 18 anni di Lega-Forza Italia, e quella vittoria fu l’inizio di una nuova fase. Milano, che nel 1993 aveva incoronato il primo sindaco leghista, anticipava in qualche modo ciò che accade oggi. Che anche la manifestazione di sabato segnali qualcosa di nuovo, e minaccioso, all’orizzonte? A giudicare dal successivo post di Beppe Grillo, sembrerebbe di sì. Il comico genovese – forse ancora turbato dalle contestazioni subite sotto casa – vede e rilancia: non solo gli immigrati clandestini (e mai definizione fu più traditrice) porterebbero le epidemie, ma l’Italia non si difende sufficientemente dall’invasione. Non basta Triton, che non soccorre ma respinge, occorre modificare i trattati per impedire ai profughi di rimanere nel nostro paese (dove peraltro non hanno nessuna intenzione di restare).

Ho letto due letture del fenomeno: questi rigurgiti xenofobi e razzisti sarebbero dovuti alla crisi e alla rabbia sociale; l’emersione della Lega di Salvini, a trazione nazionale, sostituirebbe la destra berlusconiana (il forza-leghismo), occupando quella fascia di elettorato che neanche il magnetismo di Matteo Renzi può convincere a votare a sinistra. In assenza di un’adeguata strumentazione scientifica, mi permetto di suggerire una terza ipotesi, che peraltro non contraddice le altre. Salvini e Grillo costruiscono una narrazione radicalmente alternativa a quella di Renzi. Dove il premier fa perno sulla speranza e sulla fiducia in un’Italia che ce la farà – non a caso lo accusano di essere un venditore di sogni – la strana coppia nazional-populista concentra il suo messaggio sulla paura. Il mondo intorno a noi esplode e noi ci asserragliamo in un fortino circondato dal mare. La paura contro la speranza, un’idea meno debole di quello che crediamo nell’epoca dell’iper-tecnologia e della solitudine.

Nel solco tra queste due alternatice c’è poco spazio, ed è per questa ragione che Berlusconi tace e che Alfano, che pure ha incassato il ‘successo’ di Triton versus Mare Nostrum, letteralmente sparisce. Nessuno ricorda che sia stato lui a sollevare il tema nei confronti dell’Unione europea. Si preparano tempi duri per l’Italia e per la qualità del nostro dibattito pubblico. Tutto dipende dalla capacità di Renzi di vincere la sfida e far uscire l’Italia dalla crisi in cui ci troviamo. Certo è che non bisogna coltivare illusioni: ai margini della pax renziana continueranno ad agitarsi pulsioni gravi e minacciose, presenti nella società, pronte a scatenarsi in caso di un ennesimo fallimento politico.

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