Un paio di settimane fa mi sono recato a Tor Sapienza – periferia est di Roma – per capire ciò che stava accadendo. Sulla base di questa parzialissima, insufficiente, episodica esperienza ho scritto un paio di post. Nel frattempo la situazione sembra essersi stabilizzata in quel quartiere, mentre in varie zone di Roma è scattata inquietante la psicosi da “Centro per immigrati”: ovunque si palesi la possibilità di un insediamento, anche piccolo, di stranieri senza un alloggio, scattano le proteste di improvvisati comitati di abitanti.
Nei giorni scorsi ho ricevuto una lettera dalla professoressa Claudia Condemi, docente di matematica all’Itis Giovanni XXIII, collocato proprio in via di Tor Sapienza. Mi pare un documento che merita pubblicazione e attenta lettura, perché nessuno in queste settimane si è rivolto a chi sta davvero in prima linea:
Insegno in un istituto alla periferia est di Roma, l’Itis Giovanni XXIII, in via Tor Sapienza, nella zona di Roma che in questi ultimi tempi è stata sotto i riflettori con l’accusa di degrado, di inciviltà e di razzismo. Tutti hanno dimenticato che nel quartiere ci sono scuole e nessuno si è chiesto se in queste scuole si fa nulla per l’integrazione e per la legalità e per la cultura: ebbene, a parte i viaggi della Memoria e i progetti sulla Memoria che io porto avanti da anni, grazie ai quali i ragazzi imparano sul campo cosa è significato il pregiudizio e la discriminazione nella storia del mondo intero, la nostra scuola è molto attiva nei progetti sulla legalità (nave della legalità, incontri con esperti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, convegni sulla violenza contro le donne, campagne sul cyber bullismo) ed in genere su tutto quello che può aiutare i ragazzi a formarsi una coscienza critica e a diventare cittadini attivi e consapevoli.
La lettera prosegue con la descrizione della popolazione scolastica in quartiere che è stato definito “frammentato”:
La nostra scuola, da alcuni anni a questa parte, è diventata multietnica per la presenza consistente di immigrati nel quartiere e nelle zone limitrofe: da noi puoi trovare studenti rumeni, moldavi, kosovari, provenienti dal nord Africa e dall’India, per ultimi sono arrivati i cinesi. Insomma un mondo intero. Tutti questi ragazzi hanno cercato di integrarsi e dobbiamo dire che nella stragrande maggioranza dei casi ce l’hanno fatta, prima di tutto per loro volontà e poi per l’accoglienza che noi docenti ed i nostri alunni italiani abbiamo loro riservato. Niente di straordinario, per noi è diventata ordinaria amministrazione. I ragazzi appena giunti in Italia, magari per ricongiungersi con i loro familiari, hanno beneficiato dei progetti promossi dal Comune per apprendere la lingua italiana. Lo scorso 3 marzo una nostra alunna moldova ha testimoniato in Campidoglio la sua esperienza di immigrata nell’iniziativa “Oltre la frontiera”, organizzato dal Comitato 3 ottobre con il Comune di Roma, e potrei citare tante altre occasioni in cui la nostra scuola si è spesa per l’integrazione dei nostri alunni stranieri.
Infine l’appello al mondo della politica e dei mezzi di comunicazione. Ripartiamo dalla scuola, soprattutto quella veramente “buona”:
Per tornare al senso di questa mail, mi sarebbe piaciuto che qualcuno avesse – come dire? – indagato se nel quartiere oltre a qualche abitante esasperato dalla situazione e qualche infiltrato guerrafondaio, ci fosse stato altro. È stato detto che a Tor Sapienza non ci sono biblioteche, non ci sono centri culturali, ma nessuno ha ricordato che ci sono le scuole. Nelle scuole si formano i cittadini e l’integrazione si impara a scuola, quindi sarebbe stato istruttivo verificare che è proprio così. Con rammarico devo dire che è stata un’occasione persa, per i nostri studenti che lamentano quanto lontano siano le istituzioni e soprattutto per noi docenti che cerchiamo di inculcarne in loro il rispetto; al giorno d’oggi, con la crisi, con la difficoltà oggettiva dei genitori di questi ragazzi a sopravvivere, con il senso di malessere nei confronti di un futuro che non riescono proprio a disegnare, è una missione quasi impossibile. Studenti di tutte le nazionalità, si intende. Io inviterei le istituzioni nazionali e territoriali a dare conto ai loro futuri elettori prendendosi cura delle scuole, organizzando la loro agenda in funzione anche di questi giovani che rappresentano il futuro ma che sono ogni giorno di più scoraggiati e soprattutto abbandonati… Sono mesi che si fa un gran parlare della “buona scuola”, cioè del progetto del governo di rivoluzionare il mondo della scuola, direi che è arrivato il momento di far seguire i fatti alle tante belle parole e di mettere veramente la scuola al centro di ogni dibattito…