Le nostre tasse per la #buonascuola. Una proposta concreta

Le nostre tasse per la #buonascuola. Una proposta concreta

Si avvicina il fatidico momento della dichiarazione dei redditi. Milioni di contribuenti attendono con ansia il pellegrinaggio civile, consultando il commercialista o recandosi al Caaf. Tanti soldi che diamo allo Stato, ma per cosa?

Il governo di Matteo Renzi ha scelto, fin dal suo insediamento, di puntare molto sulla scuola, la #buonascuola. A partire dall’edilizia scolastica: non è tollerabile che i nostri figli passino molte ore della loro giornata in aule fatiscenti, malsane, talvolta addirittura pericolanti o pericolose. Il problema, come al solito, sono i soldi. Il Governo ne ha stanziati molti fin dal marzo scorso, nonostante la crisi economica, ma le risorse non sono sufficienti. Da qui un’idea semplice semplice: sfruttare la quota Otto per Mille dell’Irpef (legge 222/1985) destinata allo Stato dai contribuenti che non scelgono alcuna confessione religiosa.

Detto fatto: la legge 147/2013 già prevede la possibilità di dirottare questi fondi sulla “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”, e con un po’ di ritardo il regolamento approvato il 30 ottobre 2014 ha definito le modalità di utilizzo.

Tutto a posto? Neanche per sogno. Perché lo Stato non fa nulla, ma proprio nulla per prendersi i soldi che gli spetterebbero. Ce lo spiega a chiare lettere un documento della Corte dei Conti, la deliberazione 16/2014/g (Sezione generale di controllo sulla gestione delle amministrazione dello Stato), depositata il 19 novembre 2014. Questa indagine sull’Otto per Mille è un compendio triste del nostro paese, redatto peraltro con un nitore straordinario, nulla a che vedere col burocratese cui siamo tristemente assuefatti.

Consiglio la lettura integrale di questo documento per comprendere i confini di questo mostro legislativo, ma concentriamoci sul nostro argomento (pp. 46-66). Lo Stato fa mostra di un tafazzismo eroico, impegnandosi a fondo per non raccattare nemmeno un euro:

1. Non promuove campagne pubblicitarie: “Lo Stato ha mostrato un completo disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato – più che a perseguire lo scopo dichiarato – a fare da apparente contrappeso al finanziamento diretto delle confessioni” (p. 47). Tanto per non sbagliare, zero euro investiti nella promozione del 2014.

2. Non spiega come spende i fondi assegnatigli: “Anche la pubblicità sui contributi è scarsa. I beneficiari e gli importi compaiono sul sito web della Presidenza del Consiglio come mero elenco, per ordine alfabetico. È assente un elenco ragionato, riepilogativo…” (p. 49).

3. Decurta le somme destinate alle finalità previste dalla legge per endemiche esigenze di casse e tradisce così il patto con i cittadini: “Sin dai primi anni di applicazione dell’istituto, ma, sistematicamente, a partire dalla legge finanziaria per il 2004, la quota destinata allo Stato è stata drasticamente ridotta e dirottata su finalità a volta antitetiche rispetto alla volontà dei contribuenti, violando l’affidamento dei contribuenti, – derivante dalla sottoscrizione – sull’utilizzo della stessa”. Il caso più clamoroso nel 2013. Dei 169 milioni e spiccioli teoricamente disponibili per gli obiettivi indicati nella legge, sono stati effettivamente erogati 400 mila euro, lo 0,24% del totale.

E dire che sarebbe un bel gruzzoletto. La vogliamo allestire una bella campagna pubblicitaria per il 2015, spiegando che l’Otto per Mille può essere sfruttato per gli edifici scolastici e impegnandoci a spendere il denaro con trasparenza?

Pagare le tasse sarà sempre poco piacevole, ma un po’ meno doloroso al pensiero che i nostri soldi serviranno ad aggiustare il soffitto dell’aula dove studia nostro figlio.

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