Vuoi più bene al Pd o alla riforma costituzionale?

Vuoi più bene al Pd o alla riforma costituzionale?

Noi militanti del Pd siamo in piena crisi d’identità. Non tanto e non solo per il cattivo risultato delle amministrative, che per carità non ci fa piacere (se poi sei romano…); piuttosto perché siamo schiacciati da un dilemma un po’ autoreferenziale che recita così: vuoi più bene al partito o alla riforma costituzionale?

Nel primo caso sei più di sinistra, più militante, magari un po’ più anziano e di questi tempi vai a mangiare alla festa dell’Unità (se c’è). Altrimenti sei tutto jobs act e riforma della Pa, al circolo Pd preferisci facebook e per cena tutta la vita carpaccio, altro che la salamella dei compagni.

È davvero così? Io, per esempio, ritengo che un partito che funzioni meglio servirebbe moltissimo, ma credo pure che la riforma della costituzione sia un’opportunità straordinaria per il nostro paese. E, se devo dirla tutta, non disprezzo né il carpaccio né la magnata alla festa dell’Unità (pasta e calcio balilla, che la salamella non è kasher, cioè consentitami in quanto ebreo).

Come la mettiamo? La mia sensazione è che – caricature a parte – la campagna elettorale per il referendum possa essere un’occasione decisiva. Per l’affermazione del “sì” e anche per il Pd. Mi spiego: anziché starci a lambiccare corrucciati per giorni e giorni sull’eterna questione “forma-partito” (concetto oscuro alla totalità dei cittadini nonché alla maggioranza degli iscritti), non sarà che i comitati referendari potrebbero essere la risposta pratica all’oziosa perplessità teorica?

Intendiamoci, sto parlando di comitati veri, con persone in carne e ossa, non di realtà aumentate confinate su internet. Se ci lamentiamo che il partito così com’è fatica a interagire con le persone, che non promuove partecipazione e che agisce sulla base di linguaggi e liturgie vetusti, quale migliore occasione dei comitati “Basta un sì”? Non potrebbe essere questo l’embrione di una nuova modalità organizzativa, più fresca e più innovativa, capace di superare il recinto degli iscritti ma anche radicata e militante? E non sarà forse questa la chiave per riprendere a fare politica nei grandi centri urbani, quelli dove fatichiamo di più?

Certo, mi direte, l’argomento non è proprio di immediata comprensione. E non sempre quando si parla di divisione tra poteri dello Stato si prova un senso di ebrezza. Eppure è evidente che il voto di novembre non sarà soltanto sugli articoli della costituzione. Ci sarà molta politica. E io, che voglio bene al Pd per averlo fondato e credo in questa riforma, da settembre mi impegnerò a fondo. Perché è giusto. E anche divertente. E perché questa riforma serve a ridare slancio all’Italia.

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