Le polemiche sulla Moschea a Milano? Sono una buona notizia!

Le polemiche sulla Moschea a Milano? Sono una buona notizia!

Vorrei offrire un punto di vista diverso sull’annosa vicenda delle Moschee di Milano. Vorrei proporre questo pasticciaccio come una buona pratica amministrativa, come un esempio da seguire. I fatti sono questi: appena eletto,Giuliano Pisapia smonta il progetto di Letizia Moratti di costruire una grande Moschea e, dopo un percorso di consultazione e partecipazione, opta per la creazione/riqualificazione di alcuni luoghi di culto più piccoli; dopo vari anni, si giunge alla pubblicazione di un Bando per selezionare chi dovrà gestire questi centri; alla luce delle assegnazioni scoppia una polemica che coinvolge il Consiglio comunale, il Pd milanese e parte della pubblica opinione (senza contare gli strali leghisti, ovviamente).

Maryan Ismail, antropologa somala e membro della segreteria cittadina del Pd, dichiara di non essere disposta a mettere piede nelle moschee nasciture. Lamenta l’esclusione non solo delle associazioni “moderate”, ma anche dell’Islam africano in favore di quello arabo, a dimostrazione che anche la comunità musulmana è più frastagliata di quanto si pensi. Per queste affermazioni viene criticata duramente nel suo partito – a un certo punto si parla addirittura di espulsione – ma il suo intervento ha il merito di scatenare una discussione necessaria. Che cosa succederà in queste moschee?

A essersi aggiudicate due aree su tre è infatti il coordinamento Caim, gestito dalla famiglia Piccardo (padre e figlio), da sempre poco chiaro rispetto ad alcune questioni cruciali: condanna del terrorismo, ruolo della donna, Israele. Il Caim è organizzato e ha rapporti con gli Stati arabi che gli garantiscono finanziamenti e rendono la sua offerta oggettivamente più competitiva. Proprio questo aspetto è oggetto di lamentele: si può assegnare qualcosa di così delicato solo sulla base dell’offerta economica?

Di modelli alternativi ce ne sono. A Colle Val d’Elsa, in Toscana, hanno creato una struttura duplice: un consiglio di amministrazione che riunisce le varie anime dell’Islam locale, e un comitato culturale che invece accoglie anche esponenti non musulmani. A Mosca, Vladimir Putin ha invece appena varato il progetto di una mega-Moschea di Stato, cattedrale dell’Islam putinizzato, che serve proprio a mostrare come una cosa sia la lotta contro il fondamentalismo, un’altra l’atteggiamento nei confronti dei credenti. La critica fatta alla Giunta è quella di essersi “lavata le mani”, di aver rinunciato a scelte politiche.

Personalmente ritengo che ci si debba fermare e ragionare se proseguire con l’assegnazione oppure fare un passo indietro e ridiscutere la gestione delle moschee. Non c’è niente di male. Anzi, ritengo che proprio questa vicenda sia un esempio da seguire quando si parla di riformismo e amministrazione: il coraggio di confrontarsi, di deviare, di tornare indietro per individuare la soluzione migliore nel contesto dato; il corpo a corpo con i problemi e con una realtà che è complessa e mutevole. A Milano la Giunta Pisapia ha avuto il merito di guardare in faccia un tema epocale e lo ha affrontato sperimentando, cambiando idea, anche sbagliando. Non ci sono alternative migliori.

Nessuno può infatti negare che sussista un problema di sicurezza connesso ai luoghi di culto islamici. Ma questa osservazione non può essere liquidata con le sparate alla Salvini (rispetto a Borghezio, già un passo avanti) né con aberrazioni giuridiche come il referendum tra gli abitanti del quartiere (del resto, a cosa acconsentiremmo se progettato vicino a casa nostra?). Solo la politica può farsi carico di una questione importantissima con prudenza coraggiosa. Perché non c’è nulla di peggio che fare finta di niente, come accade nel resto d’Italia: basti pensare che a Roma, ad esempio, esistono una trentina di moschee non censite, di cui nessuno sa niente, recentemente elencate nel libro “Guida alla riscoperta del Sacro” di Katiuscia Carnà e Angelo De Florio.

Senza nessun rapporto con la città circostante e con le istituzioni, chi può sapere cosa predicano Imam stranieri, non educati in Italia, in luoghi inaccessibili e in una lingua che non si comprende?

Chiudi il menu