Sono di sinistra e appoggio Matteo Renzi. Ecco perché

Sono di sinistra e appoggio Matteo Renzi. Ecco perché

Si può essere di sinistra e stare nel Pd? Si può essere di sinistra e appoggiare ancora Matteo Renzi? Da giorni mi viene rivolta questa domanda e quindi, anche per me stesso, provo a rispondere.

Per farlo però serve – oltre a una robusta dose di umiltà – una riflessione profonda, anche se un po’ schematica, come nel “decalogo” che segue. Di questa semplificazione mi scuso in anticipo.

Che vuol dire essere di sinistra nel 2017?

1) Sinistra e destra sono quelle di un tempo? Nella sua introduzione alla nuova edizione di “Destra e sinistra” (Norberto Bobbio, Donzelli editore), Renzi spiegava che, mentre la distinzione tra schieramenti era tradizionalmente snodata sull’asse dello spazio (appunto: destra e sinistra), oggi la differenza tra i campi si svolge sull’asse del tempo, tra conservazione e innovazione, immobilismo e cambiamento. Da questo punto di vista, l’esperienza dei mille giorni è senz’altro un successo. Nessuno può fare a meno di riconoscere a Renzi un impulso straordinario al cambiamento.

2) Il cambiamento è un bene di per sé? Evidentemente, la risposta è no. Lo hanno chiaramente affermato gli italiani bocciando sonoramente la proposta di riforma costituzionale, che personalmente ho sostenuto con convinzione. In generale, direi che la regola è questa: il cambiamento è positivo se si configura in un progetto, negativo se appare emergenziale o episodico. Il governo Renzi aveva un’idea complessiva di trasformazione del paese, ma la velocità, il contesto difficile e un eccesso di comunicazione hanno dato l’impressione che questo disegno generale non esistesse o fosse soverchiato da scelte spot.

3) La velocità è un vantaggio? Anche qui, la prima reazione non è affermativa. A meno di mettersi d’accordo sui termini. Italo Calvino dedicò la seconda delle sue “Lezioni americane” alla rapidità, esordendo con una citazione di Galileo: “Il discorrere (ragionare, ndr) è come il correre”. La velocità – secondo questa prospettiva – non contraddice il pregio della profondità, ma sfida sul piano del ragionamento, nello stabilire legami innovativi e paradigmi imprevisti. Essere creativi: non c’è dubbio che la sinistra ne abbia un disperato bisogno, nel momento in cui la nostra parte politica è in crisi negli Stati Uniti e in tutti i paesi occidentali. È più di sinistra il contratto a tempo indeterminato o aprire un asilo nido? Sono più a rischio le donne disoccupate o i pensionati impoveriti? Si possono difendere i diritti dei facchini o dei camionisti schiavizzati nella logistica senza perdere l’entusiasmo per l’e-commerce?

4) La speranza è di sinistra? Nel mondo in cui viviamo, sì. E Matteo Renzi ne ha fatto giustamente una sua bandiera. Se devo scegliere un simbolo di questa vocazione, ricordo la misura del suo governo all’indomani delle stragi di Parigi: a ogni euro sulla sicurezza deve corrispondere un euro sulla cultura/educazione/periferie. Quale risposta più netta, chiara e coraggiosa alla deriva securitaria, impaurita, chiusa che le destre vorrebbero imporci nell’epoca difficile in cui ci è dato di vivere?

5) I diritti sono un valore? Il dibattito pubblico su grandi questioni politiche assume spesso una bizzarra polarizzazione: da una parte i sostenitori dei diritti – chessò, l’autodeterminazione sul proprio corpo – dall’altra i paladini dei valori. Al di là della semplificazione inaccettabile, possiamo affermare che chi è di sinistra considera l’espansione dei diritti di per sé un valore? Credo proprio di sì. Ciò significa che la legge sulle unioni civili, pure imperfetta, sia uno dei risultati più importanti conseguiti dal governo Renzi, e più di sinistra. Come quella contro il caporalato, o quella sul “dopo di noi”. Al tempo stesso, vuole dire che all’appello mancano alcune riforme fondamentali e urgenti: la legge sulla cittadinanza, innanzitutto, e l’attualissima misura sul fine-vita.

6) I diritti furono immortali. Di nuovo, occorre un grande apporto di creatività. Per difendere i diritti della persona – una cosa diversa da quelli delle classi sociali, cui la sinistra era tradizionalmente abituata – occorre una predisposizione maggiore alla curiosità e alla ricerca. I lavoratori, soprattutto quelli giovani, sono precari, spesso isolati, privi di garanzie. Non basta difendere genericamente “il lavoro”, occorre entrare coraggiosamente nelle contraddizioni dolorose che la nostra società ci pone: ambiente vs lavoro (p.e. Ilva di Taranto), diritti acquisiti vs equilibri aziendali (p.e., il recente caso di Almaviva). Non ci possiamo cullare in schemi rassicuranti e desueti, così come non possiamo dimenticare che in Italia – più che in qualunque altro paese occidentale – meno del 10% della popolazione tuttora detiene circa il 50% della ricchezza.

7) Chi fa da sé fa per tre. La destra si caratterizza sempre di più per una tendenza all’isolazionismo, soprattutto nell’ambito delle relazioni internazionali. Una sinistra nuova, invece, rivendica orgogliosamente l’importanza delle istituzioni sovranazionali e multipolari, senza rimuovere dal dibattito i limiti oggettivi di questi organismi. Matteo Renzi ha sempre sostenuto l’importanza dell’Europa, perché è impensabile immaginare un futuro per l’Italia al di fuori della dimensione continentale; al tempo stesso, ha giustamente sottolineato – con toni giudicati talvolta troppo bellicosi – l’inaccettabile distanza tra la severità che l’Europa ci impone sui conti e la disattenzione assurda nei confronti dell’emergenza-migranti.

Dove invece siamo stati “isolazionisti” è all’interno: è ormai chiaro a tutti che non si può governare un paese complesso come l’Italia con un solo partito, e che serve invece un campo più largo di forze progressiste; altrettanto evidente è che senza riunire l’Italia, senza lo sviluppo del Mezzogiorno, l’Italia non può ripartire; infine, il nostro paese è composto da molti campanili e da tante eccellenze: la nuova sinistra immagina una democrazia dal basso, dei territori, che sappia coinvolgere soggetti privati, associazioni, organizzazioni politiche, corpi intermedi e intellettuali in uno sforzo collettivo e progettuale che manca di troppo tempo.

8) Il nemico ci ascolta. In questo senso, la destra impernia la sua narrazione sulla rabbia e sull’avversario: di volta in volta lo straniero, l’Europa, la globalizzazione, la tecnologia. La nostra sinistra deve fare i conti con un mondo complesso, deve ricercare una moderazione nel linguaggio – non proprio il nostro forte! – e mantenere la bussola di una propria visione del mondo: libero scambio e non protezionismo – come ci ha indicato Barack Obama -, coesione sociale e non lacerazione, innovazione temperata da una maggiore equità sociale.

Su questo ultimo punto il governo Renzi ha fatto molto, immaginando per la prima volta una misura universale contro la povertà, che ora il governo guidato da Paolo Gentiloni dovrà implementare con l’aiuto del parlamento. Sullo sfondo, rimane uno dei cardini della nostra visione del mondo: il welfare del futuro dovrà basarsi sull’accesso alle opportunità più che sulla protezione che scade nella pura assistenza. Consideriamo questa impostazione di sinistra, purché ci si renda conto che, in tempi così duri, tale convinzione debba talvolta sfumarsi per affrontare le fasi più critiche della transizione e ridurre la sofferenza delle persone.

9) Il futuro non è solo uno slogan. La globalizzazione ha mostrato negli ultimi venti anni tutti i suoi rischi micidiali: larghi strati sociali, soprattutto le classi medie dei paesi occidentali, vengono travolti dalle crisi economiche e guardano con disperazione al futuro; il pianeta che conosciamo è minacciato dall’inquinamento atmosferico, dalle megalopoli, dallo sfruttamento dissennato delle risorse agricole come dall’allevamento intensivo e inumano degli animali; la finanza agisce in modo slegato dalla produzione e dall’economia reale, travolgendo i diritti dei lavoratori e la nostra stessa idea di democrazia.

Allo stesso tempo, la globalizzazione ha consentito a miliardi di persone nel mondo di uscire per la prima volta nella storia dalla condizione di povertà, e ha reso possibili conquiste per l’essere umano che mai ci si sarebbe immaginati: mezzi di comunicazione, viaggi, scoperte tecnologiche strabilianti che dovrebbero indurre un sentimento di fiducia nel futuro. In questa ottica la sinistra guarda al futuro con passione e impegno, consapevole dei problemi ma decisa a combattere per un nuovo virtuoso modello di sviluppo sostenibile.

10) Un partito è un partito. Con tutti i suoi difetti – e sono proprio tantissimi – il Pd è l’unico partito italiano ancora nazionale e di massa. Basta questo a definirsi di sinistra? Personalmente ritengo di no. Per farlo, oggi, servono a mio giudizio tre cose: un vero senso di identità e appartenenza, un collante emotivo e affettivo di comunità, una nuova idea di come si fa politica.

Per quanto riguarda l’identità, il Pd non può essere la sommatoria di concezioni del mondo sempre più sbiadite e giustapposte; come scriveva anni fa Luigi Manconi, serve un’anima per il Pd. Quali sono le parole d’ordine in cui tutti – cattolici, socialisti, liberali – possono riconoscersi? Accoglienza? Diritti? Una comunità politica è un luogo in cui le differenze, che possono anche essere grandi, non pregiudicano il valore della solidarietà tra soci nella lotta politica. Questo nel Pd oggi non esiste, spesso accade anzi il contrario: ma se non recuperiamo questa virtù difficilmente potremo essere un partito accogliente ed espansivo.

Infine, occorre definire un modo nuovo di fare politica: i partiti non sono più vettori unici di identità e appartenenza, e molte persone convogliano la loro voglia di partecipare in iniziative più piccole e di valore. Un’epoca di passioni corte più che di passioni tristi. Un partito politico sano e di sinistra deve interagire con questa messe di energie definendo innanzitutto i suoi compiti fondamentali: una vera formazione della classe dirigente, la selezione della stessa e la creazione di luoghi dove sia possibile fare una discussione vera, trasparente e aperta alla cittadinanza.

Se questa è la sinistra, Matteo Renzi ne è l’alfiere più credibile. Nel mio piccolo, insieme a tanti compagni e amici, lavorerò durante e dopo il congresso perché il Pd possa rappresentare sempre di più gli interessi degli ultimi, ma in modo nuovo, lucido e creativo.

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