Trasformiamo le scuole nel “quartier generale” della rigenerazione urbana

Trasformiamo le scuole nel “quartier generale” della rigenerazione urbana

Da ieri non si parla d’altro. Ricomincia la scuola: ricomincia la scuola in Italia, ricomincia in tutta Roma. In primo luogo, le emozioni: cominciare un’esperienza nuova, ma anche riabbracciare maestre e compagni, ritrovarsi uguali e cambiati dopo l’estate; ma anche le emozioni dei genitori per i figli. E poi l’emozione e l’impegno, professionale e umano, degli insegnanti, dei presidi e del personale scolastico, che si assumono di nuovo la responsabilità di prendersi cura della nostra società. Dietro c’è una vocazione, a volte frustrata dalla precarietà, dai salari bassi, dalla mancanza di mezzi per organizzare e fornire servizi adeguati.

Se il primo giorno di scuola è in primo luogo emozione, viene poi la ragione. E con la ragione si devono chiedere investimenti: deve investire lo Stato, le istituzioni locali, la stessa comunità territoriale. Tanto da doverne fare un obiettivo collettivo, un obiettivo sul quale tutti – ma davvero tutti – dovrebbero compiere uno sforzo in più proprio ora, in un momento così delicato per il Paese e per la nostra città.

Ecco, a volersi dare un obiettivo, al tempo stesso ideale e pratico, direi che questo 2019/2020 dovrebbe essere l’anno in cui tutti facciamo qualcosa per la nostra comunità territoriale, nel mio caso quelle romane.

La scuola è il luogo dove dovrebbe inverarsi l’articolo 3 della Costituzione: “(…) è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini (…)”. Ovviamente si parte dalla scuola. La società è sempre meno giusta, e la scuola è la condizione necessaria, ma non sufficiente, per fare in modo che vi sia giustizia sociale.

Se vivete a Roma, il contesto sociale di riferimento vi aiuterà quanto e più della scuola che frequentate: il blog Mapparoma, tempo fa, ci ha ricordato come la quota dei laureati ai Parioli (circa il 40% degli abitanti, la più alta di Roma), sia 8 volte superiore a quella di Tor Cervara (il 5,2% del totale). Questa diseguaglianza porta disparità di accesso al lavoro e ai redditi. Nei quartieri di Roma dove c’è meno istruzione c’è anche meno ricchezza, meno opportunità.

I sogni del primo giorno di scuola, così, vengono portati via molto presto. A maggior ragione, in questi quartieri va costruito un presidio pubblico radicalmente potenziato: scuole che devono diventare più forti, che facciano sponda con la comunità e i servizi integrati del territorio. Se le famiglie fanno fatica, vanno accompagnate (per esempio, tanto più debole il tessuto socio-economico, tanto più forte deve essere la presenza di asili nido e buone materne).

Va bene, come dice il ministro Provenzano con ragione da vendere, che vanno tenute aperte le scuole al pomeriggio (si dice da decenni): ma farebbe la differenza solo se ogni scuola venisse messa al centro di un progetto di sviluppo mirato per quel territorio.

E quindi serve una progettualità. Siamo inondati di dati che descrivono il territorio, la società, l’economia e la qualità della formazione di ragazzi e ragazze del nostro territorio. I dati Invalsi ci dicono tante cose – alcuni ne criticano la logica, ma ha ragione il maestro di strada Marco Rossi Doria, che di sofferenza scolastica ne capisce come pochi: è uno strumento e quindi usiamolo, miglioriamolo – e ci spiegano, assieme ai dati che raccontano un territorio, che quello che serve a Tor Pignattara non è lo stesso intervento di cui abbiamo bisogno a Cinecittà est o al Laurentino.

Da questo punto di vista, le istituzioni dovrebbero far “esplodere” le conoscenze e le esperienze possedute dai quartieri e dai loro giovani, trasformando le scuole nel “quartier generale” della rigenerazione urbana. Questo non toglie che vadano affrontati – qui e ora – i deficit strutturali inammissibili nel 2019: i quasi 2500 professori che mancano nelle scuole di Roma e provincia, i quasi 700 di sostegno, la follia della caccia al supplente all’ultimo minuto, le drammatiche carenze strutturali (ne parlava ieri su Repubblica Mario Rusconi, rappresentante dei presidi del Lazio). Questi sì, sono investimenti che il Paese dovrebbe porre al di fuori del patto di stabilità, perché sono veri investimenti sul futuro quanto quelli della Green Economy, giustamente ventilati dal Ministro Gualtieri.

Un’ultima cosa su ragazzi e ragazze. Che ci sia o meno un investimento sul loro mondo da parte della politica, si organizzeranno. Già lo stanno facendo, su tutto quello che riguarda il futuro: il 27 ci sarà il Global Climate Strike, e saranno loro ad animarlo. Con o senza il contributo degli adulti. Anche in tema di discriminazioni sessuali, razziali e di domanda di giustizia sociale, sono già avanti decenni agli adulti affaticati che cercano di raccontargli che “si stava meglio quando si stava peggio”. Sono idealisti e pragmatici, stupiranno tutti in modi che ancora non conosciamo.

E dunque buon anno scolastico, alle studentesse e agli studenti. Per tutti noi, c’è un’enorme sfida da raccogliere e affrontare!

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