Salvini dica chiaramente che in piazza non c’è posto per fascisti e violenti

Salvini dica chiaramente che in piazza non c’è posto per fascisti e violenti

Caro Matteo,

spero che non ti dispiaccia se ti do un tu “generazionale”.

Ieri si è celebrato il settantaseiesimo anniversario della deportazione degli ebrei di Roma, perpetrata dai nazifascisti il 16 ottobre 1943 e poi nei giorni seguenti.

Fra tre giorni scenderai da Milano per riempire piazza san Giovanni, una delle più importanti della città. Le manifestazioni della Lega, il tuo partito, hanno ospitato recentemente agitatori e violenti, che si ispirano dichiaratamente a ideologie fasciste e razziste. Parli di sicurezza, ma ti poni talora fianco a fianco con ciò che mina la sicurezza dei cittadini: esponenti politici e movimenti protagonisti di violenze, crimini, aggressioni e interessi economici poco trasparenti.

Chi mostrava il braccio teso lo scorso 9 settembre, nel giorno del voto al secondo governo Conte, cioè la galassia dell’estrema destra italiana, ha offerto al tuo partito – in questi ultimi anni – idee, voti, personale politico, staff per le squadre di governo, inondando il web di fake news e profili falsi che incitano all’odio.

Io ti chiedo di pronunciare una parola netta su tutto ciò, un chiarimento utile anche alla destra italiana e alla qualità della nostra democrazia, che ha bisogno di una destra e una sinistra entrambe civili e costituzionali. Prendi le distanze chiaramente già prima della manifestazione di sabato, che deve rivelare una grande piazza democratica, certamente di destra ma anche antifascista e antinazista. Non cedere all’opportunismo politico, accogliendo nelle tue fila estremisti di destra e professionisti della violenza.

Roma, città medaglia d’oro della Resistenza, la città delle Fosse Ardeatine, non merita questo affronto: fascisti del terzo millennio, militanti di forze politiche coinvolti nello spaccio di droga, estremisti violenti… costoro generano insicurezza gettando benzina sul fuoco nei quartieri delle nostre città, strumentalizzando l’esasperazione sociale spesso giustificata dal disagio.

Le relazioni della Lega con il neo-fascismo

Non sto parlando a caso. I rapporti del tuo partito con l’estrema destra sono buoni, anche se in alcune occasioni si raffreddano: una fisarmonica delle convenienze politiche. Organizzazioni come Casapound cercano legittimità e copertura, e sperano – se un giorno la tua stella dovesse affievolirsi – di raccogliere i frutti della semina sovranista.

Invece bisogna farli chiudere, non consentire che occupino abusivamente immobili pubblici nel centro di Roma, infilandovi amici e parenti che poi combattono per le case popolari (degli altri).

I fatti sono noti, emersi nelle inchieste della magistratura e in quelle giornalistiche. Riguardano Roma, ma anche il resto d’Italia. Questi individui ti accompagnano nelle uscite romane. Come nel quartiere San Lorenzo, ai tempi del terribile omicidio di Desirée, dove i militanti di Forza Nuova (alcuni dei quali con pesanti precedenti penali) ti fecero da claque.

Non è mai arrivata, da parte tua e del tuo partito, una parola per prendere le distanze da questi “fiancheggiatori”: si tratta di figure che intrecciano rapporti e interessi con alcune delle frange più violente delle curve romane, ma anche con figure legate al mondo di mezzo di Massimo Carminati.

Basti pensare – per stare alla cronaca – al tragico omicidio di Fabrizio Piscitelli, capo degli Irriducibili freddato in estate su una panchina di un parco romano, quando il sole non era ancora tramontato. All’origine, un passato fascista che non passa mai: quello del Movimento Politico Occidentale di Maurizio Boccacci, organizzazione dichiarata illegale nei primi anni ’90.

Si diceva del dialogo politico fra la Lega e Casapound, avviato con l’incontro del teatro Brancaccio del 2015, quando presentasti il progetto “Noi con Salvini”, a caccia di alleanze e personale politico per Roma e per il centro-sud.

E poi c’è l’uso di simboli e marchi della moda legati a Casapound (i famosi giubbotti Pivert che sfoggiavi all’Olimpico di Roma, prodotti dall’ambasciatore/imprenditore di Casapound a Milano, Francesco Polacchi); c’è il tuo rapporto con la casa editrice di Casapound Altaforte, che non casualmente ti pubblica la biografia, guidata sempre da Polacchi (che avviò la sua carriera con un accoltellamento in Sardegna, nel 2007, per il quale fu condannato a un anno e quattro mesi. L’inizio di tanti episodi violenza e altrettanti processi).

E se si guarda al nord, c’è la storica relazione fra la Lega e i fascisti di “Lealtà-Azione”, tramite il deputato leghista Igor Iezzi – frequentatore abituale della loro “Festa del Sole” – cui si aggiungono i deputati Paolo Grimoldi, William De Vecchis e Jari Colla, e il consigliere regionale Gianmarco Senna (“Lealtà e Azione” è la sezione italiana di un gruppo internazionale di suprematisti bianchi, gli Hammerskins).

Insomma, questo è un mondo che voi conoscete e frequentate. Per cui va utilizzato un unico slogan: “tolleranza zero”. Tu conosci questo slogan: fallo valere.

Non denunciare, non intervenire, lasciare crescere: così nasce la violenza

Io non penso che tu sia fascista o nazista. E condivido le tue perplessità quando affermi di trovare bizzarro il riferimento a questi fenomeni del secolo scorso, sebbene preferirei che l’ex ministro dell’Interno evitasse di ironizzare continuamente su questi termini nei suoi frequentissimi video-selfie. Il problema è che in politica l’opportunismo può fare persino più danni dell’ideologia, e i tuoi amici fascisti e nazisti vogliono sentirsi per davvero.

Nessuno di noi vuole favorire il passaggio dalla follia individuale all’ideologia squadrista per compiere gesti inauditi, come accaduto la settimana scorsa ad Halle, in Germania: è adesso il momento di fermare chi fa circolare questo veleno nella società italiana.

Deve essere chiarito oggi che questi personaggi non potranno far parte della piazza del primo partito italiano. Chi semina violenza – fosse anche solo verbale – provoca violenza, come dimostra la crescita delle aggressioni registrata ogni anno dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del Ministero degli Interni, o il recente attacco, assai noto, ai giovanissimi ragazzi del cinema America nel cuore di Trastevere.

Fermiamo i violenti, escludiamoli dal dibattito pubblico, chiudiamo le loro sedi

Roma non può essere la frontiera più avanzata di chi prospera sull’incitazione all’odio. Perché è una città che, nella sua storia, ha già sofferto abbastanza; in virtù della sua eccezionalità deve rappresentare un luogo di sperimentazione reale – dall’alto e dal basso – di solidarietà, accoglienza e speranza.

In questo senso, io auspico che nasca al più presto – di fronte a una politica debole e a volte persino connivente – un’alleanza tra esponenti e forze della società civile e religiosa di questa città. Penso per esempio all’iniziativa del Vicariato romano, che ha deciso di incentrare il cammino pastorale per il 2019-2020 sull’ascolto del “grido della città”. O al lavoro del Vescovo di Roma Est, Gianpiero Palmieri, sempre presente nei luoghi dove il conflitto si fa più esacerbato: egli vive da vicino il travaglio di quartieri complessi della nostra comunità.

Roma deve essere una città aperta, il luogo più avanzato della civiltà dell’incontro e delle culture universali, non la discarica del suprematismo razzista locale e nazionale.

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