Dove sono gli angeli europei venuti a salvare Bergamo?

Dove sono gli angeli europei venuti a salvare Bergamo?

In giorni come questi dobbiamo essere sinceri. Siamo chiusi in casa, stressati e preoccupati, e quindi siamo meno disposti a tollerare le stupidaggini. Per il nostro bene, ma anche per costruire un futuro migliore: le bugie non aiutano. Prendiamo l’Europa. Stiamo seguendo con delusione e rabbia le riunioni che si susseguono tra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte. Per meglio dire, le videoconferenze che corrono nell’etere tra i leader e tra le capitali del continente. Ascoltiamo in tv esponenti politici che – spesso per convenienza – attaccano o difendono le istituzioni comunitarie.

Ci spiegano la differenza tra Eurobond e MES. La Germania, l’Olanda e gli altri paesi del Nord non vogliono fare fronte comune e mostrano tutto il loro egoismo. Non crediamo alle nostre orecchie quando Christine Lagarde parla di spread, poi per fortuna si è corretta nella forma e nella sostanza. Chi più chi meno, speriamo tutti che Mario Draghi a un certo punto faccia ordine e costringa tanti aspiranti leader a fare la cosa giusta. Ma in tutto questo flusso di informazioni manca un ingrediente cruciale. Le istituzioni europee sarebbero “senza anima”, si sente ripetere. Ma chi soffia l’anima nelle istituzioni, che per definizione non possono essere organismi animati? L’unica risposta possibile è: le persone. Cioè tutti noi. E dunque il quesito cambia: gli europei si sono comportati da europei di fronte al Coronavirus?

La triste verità – io credo – è: no. 75 anni dopo Ventotene, e a trent’anni dall’istituzione dell’Erasmus, dobbiamo ammettere che la nostra generazione, quella che più di tutti ha beneficiato dell’unione doganale e delle compagnie low cost, ha per ora mancato clamorosamente il suo compito.

Dove sono gli angeli di Bergamo, accorsi da tutta Europa per dare una mano alla Lombardia sotto attacco del Covid-19? Dove sono i figli e i nipoti di quei ragazzi che lavoravano nel fango, a Firenze, nel 1966, per salvare i libri e le chiese dall’alluvione? Dove erano – consentitemi l’esempio simbolico – le ragazze e i ragazzi che negli scorsi anni hanno studiato nelle università di Bergamo, Lodi, Milano, Parma e Piacenza? Dove i sindacati stranieri? Dove i partiti della sinistra, con la lodevole eccezione dei Verdi tedeschi?

E dove sono i grandi intellettuali europei, gli scrittori, i filosofi? Chi ha gridato che l’Italia andava salvata per salvare l’anima dell’Europa? Chi si è davvero informato su cosa stava accadendo nel nostro paese, mentre altrove – e mal gliene incolse – i leader nazionali facevano finta di niente? Possibile che gli unici intellettuali che abbiamo ascoltato in queste settimane siano i meritori virologi?

Siamo sicuri che ci sia oggi una vera élite europea in grado, per esempio, di leggere i giornali anche in un’altra delle lingue del continente? O che conosca davvero la letteratura prodotta nelle altre nazioni? Insomma, i Governi del Nord vogliono lasciarci affogare. Ed è una vergogna. Ma non sarà che fatte le istituzioni europee bisogna ancora fare gli europei? Post scriptum. Un’alternativa all’Europa non esiste. Se buttiamo a mare quello che abbiamo – come forse stiamo facendo – avremo modo di rimpiangerlo. E questo è poco, ma sicuro.

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