La notizia di questi giorni è probabilmente l’attacco alla statua di Indro Montanelli, a Milano. Ci sono passato decine di volte davanti a quel giardinetto – senza pensarci troppo, lo confesso -, quasi sempre affrettando il passo verso la stazione. La notizia del mese è probabilmente l’emergere nel mondo del tema razziale/razzismo.
Così potente da imporsi persino sulla coda lunga del Covid-19, che poi tanto coda non è, visto che ancora muoiono nel mondo decine di migliaia di persone ogni giorno per via del Coronavirus.
Come è possibile che nel 2020 si possa ancora morire per il colore della propria pelle? Che si debba ancora discutere e lottare per una conquista che dovrebbe essere acquisita? Chi ha visto su Netflix la serie sul caso OJ Simpson ha probabilmente provato la stessa sensazione. Eppure è così, e dunque decine di statue e monumenti sono imbrattati e abbattuti nel globo con accuse di colonialismo, razzismo, schiavismo eccetera eccetera.
La prima cosa da dire è questa: Storia e Memoria sono una cosa seria, e non si può liquidarle in cinque minuti. Ciò vale sia per i semplificatori pro-statue (e allora il Colosseo? E allora San Pietro?), sia per i devastatori notturni. Una revisione storica (toponomastica, monumentale) e una nuova riconciliazione sono possibili, ma per essere efficaci hanno bisogno di un vero dibattito culturale e non di atti vandalici col favore delle tenebre.
La seconda cosa da dire è che nessun monumento è neutro e immutabile nel corso del tempo (“aere perennius”, più resistente del bronzo, cantava il vecchio Orazio). Non basta la durezza della pietra, del metallo o del marmo. La percezione di una statua o di un obelisco rendono quegli oggetti vivi nelle comunità e società che li ospitano, e quindi soggetti all’evoluzione della cultura e dei costumi. Una falce e martello, per esempio, sono vissuti diversamente oggi rispetto al 1980. E certamente sono visti con occhi diversi in Italia rispetto, chessò, alla Polonia. E di questa diversità occorre tenere conto.
La terza cosa da dire è che nessuno è esente dal giudizio della Storia. Neanche un grande scrittore, artista, giornalista o sportivo. Il che non toglie che “Viaggio al termine della notte” di Céline sia un formidabile romanzo, e che sia giusto continuare a pubblicarlo (diverso, per esempio, il caso del “Mein Kampf”). Ma nessuno si sognerebbe di costruire un monumento a questo scrittore geniale e antisemita paranoico sulla pubblica piazza. E così via.
Per venire al caso Montanelli, è interessante notare che la statua non fu costruita nel 1934, ma nel 2006. Soltanto 14 anni fa! Eppure, incredibile a dirsi, il problema del razzismo è più sentito oggi di allora, forse per via dell’immigrazione che c’è stata nel frattempo. O per via di Trump. Oppure perché ci accorgiamo con orrore e sgomento che questa malattia sembra destinata a non essere mai debellata.
Così come è interessante leggere questo suo articolo, che riporto, dell’anno Duemila (2000!), che risulta francamente illeggibile e indigesto. Oggi si sarebbe messi alla gogna nello scrivere qualcosa del genere sulla propria violenza a una quattordicenne, e meno male!
Insomma, se si vuole discutere di una statua o di un obelisco, occorre tenere conto di tutti gli aspetti. E non si può negare la discussione con una fatwa, né da un campo né dall’altro. E bisogna farlo seriamente.
Ps: nel 1999 Montanelli telefonò a mia nonna Tullia per chiedere la sua autorizzazione a proporla per il Quirinale. Si faceva anche il nome di Emma Bonino, anche se poi fu eletto – e fu una bella elezione! – Carlo Azeglio Ciampi. Montanelli spiegò a mia nonna che era necessario per l’Italia eleggere una donna (ebrea) alla presidenza della Repubblica. E solo qualche mese dopo scrisse l’articolo in questione. Racconto questo episodio personale per dire che la vita, le vite, e i percorsi intellettuali sono questioni complesse. E che prima di giudicare – comunque la si pensi – bisogna cercare di capire.
Ps2: Claudia Rumboldt, una lettrice dei miei social (che non conosco), ha commentato con una proposta interessante: e se la soluzione fosse lasciare la statua imbrattata – come memento della stratificazione -, magari con un “imbrattamento” artisticamente progettato?